4.10.06

Etica della rinuncia? Macché...


A certa etica della rinuncia dovrebbe corrispondere una pratica della denuncia.
Fuori da ogni misticismo, ma pervasi da un furore tutto antropomorfo, i Pooh – pur di mascherare l’omosessualità latente di certe loro suggestioni – sciorinano donne, pugni e poesie, mentre il vino va via non si sa come.
Sarebbe un inizio, ma il sogno di mandare a cagare per sempre le donne, alla ricerca di penose “avventure” maschili, trasgressive come una gita al Volto Santo di Manoppello (provincia di Pescara), intrise come sono di “grappa di more” e piazze di “posti dell’est” (generici, che tanto sono tutti posti incolori), svaniscono nel punto più alto del climax, quando il “biglietto per l’avventura” sembra ormai prenotato.

Con un’eiaculazione retrograda, infatti, i pusillanimi fanno marcia indietro: “facciamo che è tardi, non facciamo i bastardi” (good rhyme, compliments!).
È un’ottica rovesciata, dove l’uomo si femminilizza proprio perché vuole ossessivamente definire la propria natura virile. Davvero deprimente.

Castrazione volontaria (voglio Ferreri!!!!), e un senso di tristezza immanente. L'uomo per essere davvero libero dev'essere un uccello (non è una metonimia) che si chiude nella gabbia da solo, rimandando il coraggio dell'esplorazione all'anno prossimo.
Dunque nessuna etica della rinuncia, ma semplice collaborazionismo.
Però è importante mantenere la facciata: da qui l'inquietante (sotto)tono di essere naturalmente dominante, per non farsi dire pirla dagli amichetti: “La tua donna e la mia sono persone”. Alla faccia dell’emancipazione! (this rhyme is better!).
I Pooh parlano delle donne come del loro cane; sembrano sempre pronti a capirne le esigenze e a raccoglierne i bisognini. Ma si è mai visto un cane che porta al guinzaglio un altro cane?

Chi è il cane di chi? La risonanza tra i due può diventare nebbia purpurea... ascoltare i Pooh può essere un'esperienza davvero alternativa, al pari di una droga leggera.
Il gruppo esce nel 1981 con uno dei suoi dischi più farlocchi: "Buona Fortuna" (dev'essere quello che hanno augurato i produttori al blasonato quartetto, dopo aver ascoltato i demo). La title track, scritta da D’Orazio, è indicativa del livello. La fortuna “è della Vergine, e si sa le menate che ha”. Gli 883 devono aver attinto a piene mani da questi solchi.
Ecco il favoloso testo di "Fotografie", tratta dal citato album:

Fotografie: trasparenze di fuori città, torri spagno
le
le chitarre e le birre in collina, l'eclissi di sole.
Fotografie io e te vagabondi nel porto di Barcellona
su di giri di prima mattina, navigando l'estate del sud
nelle fotografie, malinconie, colpi di sole
donne, pugni e poesie mentre qui tutto il vino va via non si sa come
la tua donna e la mia ridono insieme
han già deciso che han chiuso i confini e i nostri treni non partono più.
Fotografie: una piazza di un posto dell'est con le bandiere
una tazza di grappa di more, senza amori né fretta né idee.
Basta fotografie, piccole spie pericolose
un bicchiere di più

torni tu
batti i pugni e vedrai chi siamo ancora
c'è un biglietto per noi per l'avventura
sulla corriera colori che vola chi la perde non parte mai più.
Quante pagine ha la libertà non lo sappiamo
quante volte dirai: mi fermo qui
quanto vento ci sta dentro una vela
non parliamo di noi alla moviola
finito il vino facciamo che è tardi
non facciamo i bastardi perché:
la tua luna e la mia fanno canzone
la tua donna e la mia sono persone
guidando piano portiamole a casa
e poi chiediamo anche scusa vedrai
tutto è meglio così, meglio così

basta malinconie, fotografie.

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