22.12.08

Aristosseno


Ei diceva che vano è il pensare le realtà musicali in termini di grandezze misurabili e fuorviante è il normalizzarsi unicamente sulla estensione degli intervalli; occorre invece rimettersi al giudizio dell'orecchio e teorizzare solo ciò che si percepisce; da qui il concetto di somiglianza e di non somiglianza che spodesta quello di eguale e diseguale.
La colorizzazione, l’iridata purezza delle forze basilari della natura (le onde), come primordio dell’astrazione percettiva che strugge.
Come può la musica scalfire l’inconscio e, attraverso l’uomo, farsi motore? Come può un suono farsi fonte di energia?
E, per estensione, come può un’emozione farsi forza (un’entità cioè in grado di impartire un’accelerazione ad una massa)?
Perché un quadro astratto può far febbricitare, perché un film può cambiare il disordine molecolare di chi sperimenta?
Andando fino in fondo… se credo che un’emozione possa generare un lavoro (inteso come forza per spostamento), perché non credo in Dio, che rappresenta l’implicito volo dall’idea alla materia?