19.1.06

Don Giovanni


Copertina interna suddivisa in versi numerati, produzione visibilmente straniera e straniante, rime estenuanti: il disco più bello di Battisti è un tour de force emotivo, inadatto per la maggior parte di chi vi si accosta con aspettativa.
Un senso incombente di fastidio si respira qua e là, gli squarci lirici sono spesso seguiti da rovesci beffardi, la spigolosità delle composizioni e dell’arrangiamento raffredda le caldane di chi vuole Don Giovanni un’entità solo seducente (che conduce a sé, alla latina). Al contrario, il disco strattona e riavvicina, tira e butta via, senza nessun desiderio di compiacimento (“Qui Don Giovanni, ma tu dimmi chi ti paga”).
C’è spesso una perfidia non violenta che però ferisce, una mancanza di riguardo, a volte, come se smitizzare i sentimenti fosse un’operazione senza conseguenze e l’orecchio di un ascoltatore fosse aprioristicamente a prova di sanguinamento. Magari…
Esiste invece un languore aspecifico, si sa, lo si nomina per non viverlo. Per questo motivo l’ansia di un ascolto porta subdolamente al rilassamento letargico che ne consegue. Il disco dunque appare un pieno di farraginosa e stancante bellezza, che seduce e abbandona, e si ripiglia le forze e quella parvenza di appagamento che sembrava aver lasciato dentro.

Don Giovanni (Battisti-Panella)
Non penso quindi tu sei

questo mi conquista
L'artista non sono io
sono il suo fumista
Son santo, mi illumino
ho tanto di stimmate
Segna e depenna Ben-Hur
sono Don Giovanni
rivesto quello che vuoi
son l'attaccapanni
Poi penso che t'amo
no anzi che strazio
Che ozio nella tournée
di mai più tornare
nell'intronata routine
del cantar leggero
l'amore sul serio
E scrivi
Che non esisto quaggiù
che sonol'inganno
Sinceramente non tuo
sinceramente non tuo
Qui Don Giovanni ma tu
dimmi chi ti paga


Lucio Battisti, Pasquale Panella, 1986

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