20.12.05

Due recensioni meno minimaliste del solito


Sin dagli esordi il fantomatico “North Louisiana's Phenomenal Pop Combo” ha contribuito ad azzerare i codici canonici della scrittura musicale, da un lato ‘destrutturando’ il suono in pezzi minimi e brut (eliminando e nel contempo esacerbando il concetto di melodia), dall’altro smitizzando il baraccone delle liriche che tanto impressionava l’impressionabile pubblico di quegli anni.
Si potrebbe pertanto parlare di musica astratta, in una concezione più pittorica che musicale in senso stretto, che richiama tanto Mondrian quanto Twombly, se non fosse per quell’insistente rimando alla corporeità che si respira nel disco (skratz… skratz…), che fa pensare piuttosto a Bacon, rendendo il disco una rassegna sulle possibilità estetiche del bizzarro e dell’assurdo.
Nel tessuto delle citazioni l’ascoltatore troverà echi di jitterbug, melodie operistiche, danze funky, cori natalizi, orientalismi grotteschi, voci strapazzate, strumenti suonati sempre in modo ‘laterale’, e, soprattutto, una straordinaria libertà compositiva, che sarà da allora in poi la cifra del gruppo e porterà il loro naturale percorso a capolavori come Not available o Duck Stab. (Come quasi sempre accade) è un peccato cercare di definire e comunque parlare troppo di un disco così bello e misterioso, leggero e profondo, sovraccarico e, in qualche modo, ‘sfuggente’. Meglio ascoltare.


The Residents, 1974

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