2.8.06

The Devil in Miss Jones



Miss Justine Jones (Georgina Spelvin), dopo aver osservato il traffico scorrere lento in una giornata piovosa qualunque, chiude le tende, si guarda allo specchio, si sveste, entra nella vasca e si taglia le vene.
In un’aldilà imprevedibile (lo studio di una villa nobiliare, con un tavolo enorme e sedie ottocentesche) un gentleman distinto e dolcemente diabolico le offre da accendere e le concede di tornare in vita per provare i piaceri che si è sempre negata. La signorina Jones è zitella, stagionatella, non bella, e accetta l’esperienza propostale con qualche dubbio.
Tornata nell’aldiqua un personaggio, The Teacher (Harry Reems), la erudirà in anatomia e fisiologia, e un tassello alla volta madamoiselle Jones si libererà della sua corazza e precipiterà nella dannazione vera, quella del lasciarsi andare e seguire i propri sentimenti, attraverso esperienze sessuali esotiche e sempre più parossistiche (con un uomo, poi una donna, due uomini, un tubo da giardino, della frutta, un serpente).
Nel corso di questa sua discesa (o forse ascesa a un’origine inconsapevole) Frau Jones muta di lineamenti ed espressioni. Sempre più Medusa, i suoi capelli si arricciano, il trucco si fa sempre più pesante e disperato. Le sue prestazioni sempre più accorate e urlate. Il sesso è verboso, incontenibile, transustanziato negli oggetti e nei volti anonimi che le orbitano intorno. Il climax è assoluto, erotico come non mai. La musica di Alden Shuman è ispirata e romantica, a sottolineare la componente più negativa dell’atto più godurioso, e riporta alla mente le atmosfere rarefatte e speciali degli eventi speciali e rarefatti che diventano ricordo personale. Mentre si guarda il film ci si eccita con una malinconia panica, sì che il ritorno (a qualunque cosa) sembra un’odissea tragica, velata di una dolcezza animale ed istintiva.
Al termine di questo piccolo tempo concessole, la nostra eroina, al cospetto del gentiluomo luciferino, prova a chiedere la permanenza definitiva sulla terra così piena di sublimi sofferenze.
Ovviamente ottiene un rifiuto, e anzi una feroce condanna, oltre l’umana immaginazione: passare l’eternità a masturbarsi senza mai raggiungere l’orgasmo, chiusa in una cella con un uomo impotente e ossessionato dalle presenze che avverte intorno a sé.
Nel filone dell’esitenzialismo, questo film porno è la vetta ineguagliata della sua vocazione espressionista (cfr. la visione di Roquentin ne “La nausea”).


Gerard Damiano, 1972

1 commento:

Anonimo ha detto...

chissà qual è il diavolo che è in lei, signo M....